venerdì 2 settembre 2016

RESUSCITARE I MORTI, E' POSSIBILE?



frankenstein_lab_w1Riportare in vita i defunti, sconfiggere definitivamente la morte e la malattia, rendere l’uomo più forte dell’oblio e farlo diventare qualcosa di più evoluto dell’uomo; un nuovo passo nel processo evolutivo. Sogni e incubi partoriti dalla fantasia umana, a partire dal romanzo“Frankenstein o il moderno Prometeo” di Mary Shelley. Forse, però, quel romanzo non fu opera di sola fantasia: probabilmente la Shelley prese spunto per la sua tremenda storia da esperimenti di cui si vocifera in tutta Europa. Gli Illuminaticontavano tra i propri adepti un nutrito numero di scienziati e di menti illustri, praticamente i migliori cervelli presenti in quel periodo. Secondo alcune testimonianze dell’epoca, tra gli obiettivi degli Illuminati vi era quello di sconfiggere definitivamente la morte… in parola povere, gli autorevoli scienziati erano impegnati nella ossessiva ricerca di un metodo per riuscire a riportare in vita i morti. Con ogni probabilità, la Shelley prese spunto da queste voci ricorrenti negli ambienti culturali dell’Europa del XIX° secolo. Se il romanzo racconta elementi di pura fantasia (anche se alcuni documenti sembrano provare che alcuni scienziati abbiano in effetti messo in atto degli esperimenti per riportare in vita i cadaveri, con i risultati che non verranno mai rivelati) ciò di cui si parla in questo articolo non lo è affatto, anzi… probabilmente stiamo per entrare in una Nuova Era.
Frankenstein's_monster_(Boris_Karloff)Secondo quanto sostenuto dal professor Sam Parnia della Stony Brook University School of Medicine degli Stati Uniti riportare in vita i morti sarebbe davvero possibile, anche se vanno fatte alcune precisazioni. Nel suo libro “Cancellare la morte: la scienza sta riscrivendo i confini tra la vita e la morte” il professore spiega come i progressi scientifici degli ultimi anni rendano possibile quello che è sempre stato il grande desiderio della razza umana. Parnia sostiene che  quando una persona muore si trasforma in cadavere solo dopo che le sue cellule cerebrali iniziano a morire, e ciò avviene dopo un considerevole lasso di tempo dalla fine delle funzioni vitali del corpo. Ed è proprio in quel lasso di tempo variabile che la scienza può intervenire per tentare il miracolo: Sam Parnia, come un moderno dottor Frankenstein, sostiene che la scienza ora è in grado di agire sulle cellule cerebrali manipolandone il processo, nel tentativo di rimettere in moto le funzioni vitali dell’organismo. Ovviamente la tesi dello scienziato è stato ferocemente attaccata e screditata da alti esponenti del mondo scientifico, ma questo non sembra intaccare la volontà ferrea del professore di continuare nei suoi studi.
Una società biotech statunitense ha ricevuto l'autorizzazione a tentare di rianimare dei pazienti dichiarati clinicamente morti. Non si tratta di folli esperimenti in stile Frankenstein Jr ma di trial clinici mirati a comprendere se il sistema nervoso centrale possa essere riportato in vita. Una commissione dei National Institutes of Health negli Stati Uniti ed in India ha garantito alla Bioquark di Philadelphia il permesso di provare a rianimare il cervello di 20 pazienti dichiarati clinicamente morti per gravi traumi al cervello e tenuti in vita dalle macchine.
Se si riuscirà a rianimare parti del midollo spinale superiore, è scientificamente plausibile che questo possa permettere di ristabilire le funzioni respiratoria e circolatoria in modo autonomo, ossia senza il supporto dei macchinari. "Questo trial è il primo del suo genere ed un altro passo in avanti verso il rovesciamento della morte nel corso della nostra vita", spiega Ira Pastor, CEO di Bioquark, al Telegraph.
La prima fase dei trial del cosiddetto ReAnima Project prevede i tentativi di "resuscitare i morti", o per meglio dire la loro attività cerebrale, sfruttando una combinazione di tecniche che vanno dalla somministrazione di farmaci alla stimolazione nervosa sino all'utilizzo di terapie laser. In subordine, i ricercatori proveranno a verificare se i loro sforzi siano quantomeno in grado di produrre dei cambiamenti nelle meningi, le membrane che rivestono il sistema nervoso centrale.
I trial veri e propri dureranno sei settimane e saranno condotti presso l'Anupam Hospital di Rudrapur, India, non appena Bioquark avrà ottenuto l'autorizzazione dalle famiglie dei 20 pazienti. Dopodiché, i soggetti coinvolti saranno monitorati per alcuni mesi alla ricerca di cambiamenti significativi. "Speriamo di vedere dei risultati nei primi due o tre mesi", afferma la Pastor. Come detto, saranno utilizzate diverse tecniche nel tentativo di verificare quale possa rivelarsi la più efficace. Nello specifico, ci saranno quattro tipi di trattamento:
  • l'iniezione di cellule staminali nel cervello due volte a settimana;
  • terapia laser transcraniale, una forma di trattamento non invasivo che prevede di utilizzare la luce per attivare il naturale processo di recupero del corpo che è già stata testata (con risultati alterni) su ictus, emicrania e morbo di Parkinson;
  • iniezione quotidiana di peptidi nel midollo spinale
  • stimolazione nervosa, un trattamento non invasivo che prevede l'utilizzo di impulsi elettrici sul nervo mediano.
Molto spesso i corpi di pazienti cerebralmente morti riescono ancora a svolgere certe funzioni, come la digestione, la cura delle ferite e, in alcuni casi, persino combattere le infezioni e portare avanti una gravidanza. Riuscire a far "ripartire" il cervello e farlo funzionare nuovamente potrebbe essere un primo passo lungo una strada che porta al far recuperare ai pazienti la vita, o quantomeno qualcosa di simile. Ad ogni modo, questa strada è particolarmente lunga.
"Da parte nostra c'è una visione a lungo termine sul fatto che esista la possibilità di un pieno recupero in questi pazienti, sebbene questo non sia la parte principale di questo primo studio, che è invece un ponte verso questa eventualità", spiega la Pastor.

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