Quella della Dama Bianca è una leggenda presente in molte culture, ma è prevalentemente legata al folklore germanico. E’caratterizzata da sembianze femminili e da abiti di colore bianco è stata descritta anche come senza occhi né bocca, con braccia e piedi nascosti e avvolta da una pallida luminosità che lascia tracce scure al passaggio. La prima testimonianza dell’uso del termine “dama bianca”, per spiriti di questo tipo, risale al XV secolo. È lo spirito di una donna morta per eventi tragici o dolorosi e la sua apparizione sarebbe tradizionalmente presagio di eventi nefasti.
Secondo alcuni racconti, le dame bianche si aggirerebbero portando candele accese da cui lascerebbero cadere gocce di cera sulla criniera dei cavalli, per poi intrecciarla e pettinarla. Secondo altri, laverebbero la propria biancheria in luoghi appartati, chiedendo ai passanti di aiutarle e rompendo loro le braccia se non soddisfatte. Avrebbero per altri un portamento estremamente dignitoso e verecondo, non parlando se non in rare occasioni.
In Italia esistono diverse leggende legate alle apparizioni della Dama Bianca :
La Dama Bianca di Duino:
La leggenda narra che in un tempo assai remoto nella rocca di Duino abitava un cavaliere malvagio che disprezzava la sua sposa gentile e virtuosa.
Questa lo amava a tal punto da perdonargli tutte le offese e sperava di poter intenerire il suo cuore con parole amorevoli. L’uomo, invece, infastidito dall’atteggiamento della moglie, aveva escogitato un piano per ucciderla. Una sera l’attirò su una roccia stretta sotto le muraglie del castello per spingerla in mare. Esterrefatta la castellana volse lo sguardo al cielo, domandandogli aiuto. Un grido appena soffocato le uscì dalla bocca e rimase interrotto: nel suo grande dolore era rimasta pietrificata.
Da quel giorno verso l’ora degli spiriti la Dama Bianca si stacca dalla roccia e comincia a peregrinare. Per tre volte appare e per altrettante scompare nelle cupe sale del castello. Passa attraverso le porte chiuse, vaga di sala in sala finché non ritrova la culla in cui un tempo dormiva suo figlio.

Lì la Dama Bianca rimane in un silenzio profondo fino all’alba, quando, abbandonata quella culla, ritorna alla sua roccia, dove il dolore la trasforma nuovamente in pietra.
Altri, invece, raccontano di un candelabro romano che si trova in una sala del castello e che ogni notte arde ed attraversa i saloni, mentre le porte si aprono da sole.
È la Dama Bianca che lo regge quando, invisibile, vaga disperata per il castello
È la Dama Bianca che lo regge quando, invisibile, vaga disperata per il castello
La Dama Bianca di Carpi :
Protagonista di questa leggenda è il castello dei Pio a Carpi, che in epoche passate ospitava una bellissima dama, moglie di uno dei signori Pio che governava la città. Non si conosce il nome della donna, forse era Bianca ma non si è sicuri, tuttavia si sa che il marito era davvero crudele, rozzo e rude. Un guerriero che faceva sfoggio delle sue capacità belliche, ma poi chinava il capo davanti ai signori di Milano. L’uomo fu crudele che fece uccidere la moglie e la fece gettare da una finestra del castello, ma prima che ciò accadesse la donna gli lanciò una maledizione e queste ebbe successo, infatti l’uomo sarebbe morto in una prolungata agonia.

La Dama Bianca di Padernello :
Correvano gli anni del secolo Decimoquinto. Uno di questi, nel correre via, aveva dato i natali ad una dolce creatura. Era figlia del conte Gaspare Martinengo, uno dei due eredi di quell’Antonio I che il 7 marzo 1443 fu infeudato delle terre di Gabbiano. Gaspare, soldato di ventura al servizio della Serenissima Repubblica veneta, aveva ricevuto in eredità dal padre un severo palazzo, sito in via delle Cossere in Brescia dove, impegni militari permettendo, viveva. Biancamaria nasce in questo palazzo, oggi scomparso. La bambina era deliziosa come raramente la natura si diverte a plasmare le sue creature e suo padre, Gaspare, l’amava teneramente. La sua bellezza era tale che sulla soglia della giovinezza era già stata chiesta in moglie da una schiera di nobili e incantati pretendenti. Ma a Bianca la cosa pareva non interessare. Nella città di Brescia non si parlava d’altro che dello strano e misterioso fascino della «Bambina pallida». Ma Biancamaria ignorava anche questo.
Una famiglia potente
Una famiglia potente

Della potenza di suo padre, della ricchezza della sua famiglia, dei gravosi fatti che intorno a lei la storia consumava verso la fine di quel secolo tormentato che l’aveva vista nascere, Bianca pareva nemmeno accorgersene. Per la verità la nobile rampolla di casa Martinengo mal celava l’insofferenza che sentiva nei confronti del suo tempo: così rude, spesso cupo, sempre brutale. Del suo tempo apprezzava solamente l’immacolata bellezza della natura, che però aveva solo intuito lasciandosi guidare dalla sua inusitata sensibilità, immaginando come poteva essere il mondo al di là di quelle invalicabili finestre strombate del palazzaccio dove abitava. Il fascino di Bianca era grande quanto precaria la sua salute. Suo padre s’affannò a chiamare i più noti cerusici che, dalla lontana Venezia, si sostituivano al capezzale della bambina.
Una fanciulla fragile
Una fanciulla fragile
Ma Bianca era sofferente nello spirito e se il corpo declinava era solo perché assecondava la parte migliore del suo sentire: tanto fragile, tanto malato, controcorrente. Il conte Gaspare, vista l’impotenza della medicina, si risolse a mandare la figlia dalla città, dove abitava, in campagna, presso la bellissima casa-castello che il fratello di lui, Bernardino Martinengo, aveva appena finito di ristrutturare. Il contado si estendeva a nord sino a vedere la porta di S. Giorgio posta a difesa della fortezza orceana. A sud lambiva le selvagge sponde del fiume Oglio. La località si chiamava Padernello e il Castello che si rispecchiava nelle acque del fossato era favola vera. Biancamaria arriva a Padernello in un giorno freddo di novembre. Doveva avere, se la memoria storica non c’inganna, 13 anni. Ma il soggiorno della Martinenga tra le mura della dimora dello zio doveva essere breve. Infatti, la sua giovane vita si spegneva l’estate dell’anno dopo. Narra infatti la leggenda nata intorno a quei fatti che il giovane fantasma della ragazza ricompare nel Castello. La Dama si mostra ogni dieci anni, la stessa notte in cui perì: era un afoso 20 luglio del 1480.
Vestita di bianco
Vestita di bianco

Si mostra vestita di bianco e reca in mano un libro aperto, tutto d’oro. Il volume pare veramente prezioso, ma non perché realizzato col giallo metallo, bensì perché tra le sue pagine c’è il segreto del suo fascino irresistibile, ricolmo di grazia, d’ogni dolcezza. E fu proprio questa sua alta sensibilità a perderla. Quella notte di luglio, dopo aver scoperto la bellezza di quelle creature plasmate dalla natura, tentò l’incontro. Nel cielo notturno e buio di Padernello scoprì una magia vera: migliaia di luci volavano sopra le acque del fossato vibrando come fuochi fatui. Bianca, incantata, si sporse dalle alte finestre del maniero.
Le strane creature parlavano e parlavano di cose lontane. La giovine impazzì di gioia e sentì di potersi librare nell’aria, finalmente. Ci provò. Cadde nel fossato del Castello di Padernello. Non provò freddo, non dolore, solo il rimpianto perché in quel volo non era riuscita ad avvicinarsi alle luci bianche. Così finì Biancamaria, affogata senza nemmeno sapere che aveva immolato la vita per delle piccole lucciole. Perché il suo fantasma vaga ancora? Perché la Dama vuole rivelare il suo segreto che sta scritto sul libro. Ma a Padernello non ha ancora trovato nessuno che si sia degnato di starla a sentire.
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